Poco più che ventenne Orson Welles si era già reso celebre con alcuni eccentrici adattamenti teatrali di opere shakespeariane, portò ad esempio in scena un Machbeth per attori neri ambientato ad Haiti. Nel 1934 scrisse e diresse il cortometraggio The Hearts of the Age, nel quale interpreta anche il ruolo della Morte. Un’opera forse non ancora matura, ma che rivela come il Welles cineasta guardasse con più attenzione al surrealismo e alle altre avanguardie europee, piuttosto che al cinema Hollywoodiano contemporaneo. Nel 1938, leggendo il suo adattamento radiofonico de La guerra dei mondi di Herbert G. Wells che diffuse come un bollettino di guerra, gettò nel panico l’intera costa atlantica convincendo gli ascoltatori che i marziani fossero ormai sbarcati sulla Terra.
La RKO, la più piccola delle mayors e quella che ebbe vita più breve, nata per produrre film che sfruttassero il proprio brevetto per la registrazione del sonoro che non era riuscita ad imporre sul mercato, non si fece scappare l’occasione di mettere sotto contratto questo giovane e promettente artista. A soli 24 anni, Orson Welles, firmava con la RKO un contratto che nessun regista, anche affermato, aveva mai ottenuto ad Hollywood: Welles si impegnava a girare per la RKO un film l’anno, come sceneggiatore, attore o regista o tutti e tre i ruoli insieme. Per il suo primo film ottenne di scrivere la sceneggiatura, scegliere personalmente il cast e soprattutto presiedere al montaggio del film. Dopo alcuni soggetti scartati, Welles decide di raccontare a suo modo la storia di William Radolph Hearts, il magnate dell’editoria americana, che nonostante anziano era ancora un uomo di grande potere nella Hollywood di quel periodo. Hearts cercò con ogni mezzo di bloccare l’uscita di Quarto potere che riuscì comunque a raggiungere le sale nel 1941. La critica si divise tra detrattori ed appassionati ammiratori, commercialmente il film risultò alquanto deludente, ma ben presto ci si rese conto della sua portata rivoluzionaria, oggi considerato il precursore del cinema moderno e noto come il film che più di ogni altro ha suscitato il maggior numero di vocazioni alla regia cinematografica.
Come abbiamo detto, Welles ebbe la possibilità di lavorare con una libertà creativa inedita ad Hollywood e questo fa di Quarto potere un film unico per i suoi tempi. Studiando un film come Ombre rosse e seguendo i consigli di John Ford, Welles e il suo operatore lavorarono moltissimo per ottenere la maggiore profondità di campo possibile, anche se per riuscirci ebbero bisogno di ricorrere a numerosi effetti speciali e particolari macchinari come la stampante ottica, che permetteva di saldare in un’unica inquadratura cose e persone riprese in tempi diversi. Così in quasi tutte le scene di Quarto potere sia elementi in primissimo piano, sia elementi sullo sfondo risultano tutti perfettamente a fuoco. L’inquadratura sottostante è tratta dalla scena del tentato suicidio di Susan, moglie di Kane. Possiamo vedere in primo piano il bicchiere e il flacone di sonnifero, sullo sfondo Kane che irrompe nella stanza, entrambi questi soggetti sono perfettamente a fuoco, mentre la sagoma di Susan, in bilico tra la vita e la morte, è del tutto sfocata. Un tale effetto non si sarebbe potuto ottenere solamente con la cinepresa.
La profondità di campo permise a Welles di elaborare sofisticati piani sequenza. Il piano sequenza è una sorta di montaggio interno all’inquadratura che si ottiene tramite complessi movimenti di macchina e particolari disposizioni della scena. Con il piano sequenza è possibile svolgere un’intera unità narrativa senza mai staccare la cinepresa. ( Alfred Hitchcock, ad esempio, girò un film, Nodo alla gola (1948), costituito da un unico piano sequenza). Il piano sequenza, come tecnica, si oppone in maniera complementare a quelle del montaggio classico, basate su una serie di stacchi e di tagli.
“La fama di Quarto Potere non sarà mai troppa. Grazie alla profondità di campo, scene intere sono girate senza interruzione, a volte anche con la macchina da presa immobile. Gli effetti drammatici, prima affidati al montaggio, nascono ora tutti dagli spostamenti degli attori nell’inquadratura scelta una volta per tutte.” Bazin esalta l’uso che Welles fa della profondità di campo e del piano sequenza affermando nello stesso articolo: “1) che la profondità di campo pone lo spettatore in un rapporto con l’immagine più vicino a quello che egli ha con la realtà. È dunque giusto dire che, indipendentemente dal contenuto stesso dell’immagine, la sua struttura è più realistica. 2) che essa implica di conseguenza un atteggiamento mentale più attivo e anche un contributo positivo dello spettatore alla messa in scena. Mentre nel caso del montaggio analitico egli non ha che da seguire la guida, trasferire la propria attenzione in quella del regista che sceglie per lui ciò che è necessario vedere, nell’altro caso è richiesto un minimo di scelta personale. Dall’attenzione e dalla volontà dello spettatore dipende in parte il fatto che l’immagine abbia un senso.” (1)André Bazin, Che cos’è il cinema? presentazione, scelta dei testi e traduzione di Adriano Aprà, Milano, Garzanti, 1999.
Scrive a proposito del film di Welles il critico francese André Bazin.
Ma ciò che fa di Quarto potere un film davvero moderno, oltre all’uso della profondità di campo e del piano sequenza, è che questo film, a differenza di quelli prodotti negli stessi anni, non nasconde la sua natura di finzione cinematografica. Quarto potere si svolge come un film inchiesta, è la storia di un giornalista che intervistando i vari personaggi che ebbero a che fare con il cittadino Kane, cerca di scoprire il significato delle sue ultime parole “Rosebund” ( rosa bella ).
L’immagine di Kane che ne viene fuori non è univoca, ma ambigua, ciascun personaggio ci racconta di Kane dal suo proprio punto di vista, punti di vista diversi e complementari che vengono continuamente esplicitati nel film, Welles riprende spesso la stessa scena da punti di vista diversi, ad esempio la scena del debutto in teatro della cantante amante di Kane, ci viene prima mostrata dal punto di vista del pubblico e successivamente lo stesso avvenimento ci è narrato da un diverso personaggio che osserva la scena da dietro le quinte.
Welles utilizzò inoltre angolazioni della cinepresa molto particolari ed inedite. Nessuno prima di lui aveva mai inquadrato i soffitti, e fece largo uso di obiettivi come i grandangoli. Se nei film coevi vige la regola non scritta della camera invisibile, in Quarto potere il gioco della messa in scena diviene esplicito. Se nei film coevi il regista nasconde la sua mano adattando il suo stile a tutta una serie di regole e convenzioni vigenti, Quarto potere trabocca della personalità del suo autore, se nei film coevi lo spettatore, tramite le comuni tecniche del montaggio, è indotto a farsi un’idea univoca della vicenda e dei personaggi narrati, i piani sequenza di Quarto potere gli impongono continue scelte e confronti. La personalità multipla e imperscrutabile di Kane è esplicitata nell’ultima scena del film in cui compare il suo personaggio, lo vediamo attraversare un corridoio arredato di specchi che riflettono la sua immagine un’infinità di volte.
La forza autoriale dimostrata in questo film, poneva Welles in contrasto con il sistema. Il successivo film, L’orgoglio degli Amberson ( 1942), gli venne sottratto di mano dai produttori della RKO che temevano un ulteriore fiasco commerciale. Approfittando dell’assenza di Welles, inviato dal governo in Brasile per girare il documentario It’s All True che non monterà mai, la RKO apportò pesanti modifiche al film in uscita scartando circa cinquanta minuti di pellicola, furono girate nuove scene tra cui quelle finali e si procedette al montaggio contravvenendo alle indicazioni dell’autore.
Nonostante le pesanti alterazioni apportate dalla produzione, L’orgoglio degli Amberson è ancora un capolavoro. Rispetto a Quarto Potere, Welles fa un uso più sobrio ma ben più raffinato della profondità di campo, dei piani sequenza, dei grandangoli, lavora minuziosamente sulla fotografia. Per la prima volta viene sperimentata la profondità di campo sonora, dialoghi e rumori d’ambiente ripresi contemporaneamente a diversi livelli si sovrappongono, talvolta divenendo poco intellegibili, ma con un risultato molto più realistico. Dopo Lo straniero (1946) e La signora di Shanghai (1947), Welles scisse definitivamente il contratto con la RKO. Estromesso dal sistema degli studios continuò da indipendente la sua carriera di regista cinematografico e teatrale.
Riferimenti bibliografici e sitografia
D.Bordwell e K.Thompson, Lo studio system ad Hollywood 1930-1945, in Storia del cinema e dei film. Dalle origini al 1945, Editrice Il Castoro, Milano 1998.
Leonardo Gandini, Welles, in La regia cinematografica. Storia e profili critici, Carocci Editore, Roma 1998.
Lucilla Albano, Lo studio system: declino e asservimento (1929 – 1949), in Il secolo della regia. La figura e il ruolo del regista nel cinema , Marsilio Editori, Venezia 1999.
Sandro Bernardi, Dentro e fuori Hollywood, in L’avventura del cinematografo. Storia di un’arte e di un linguaggio , Marsilio Editori, Venezia 2007.
André Bazin, Che cos’è il cinema?,presentazione, scelta dei testi e traduzione di Adriano Aprà, Garzanti, Milano 1995.
Michael Barson, Orson Welles, in www.britannica.com
Altiero Scicchitano, Orson Welles, in www.treccani.it
Orson Welles, in www.en.wikipedia.org
Citizen Kane, in www.en.wikipedia.org
The Magnificent Ambersons, in www.en.wikipedia.org
Note
↑1 | André Bazin, Che cos’è il cinema? presentazione, scelta dei testi e traduzione di Adriano Aprà, Milano, Garzanti, 1999. |
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