Con le sue opere, Griffith, segnò un momento di svolta nell’evoluzione del linguaggio cinematografico. I suoi contributi linguistici avvennero principalmente nel campo del montaggio narrativo. Altri registi come Cecil B. DeMille o il francese Maurice Tourneur ebbero una forte influenza sui loro contemporanei per quel che riguarda altri aspetti della messa in scena, in particolare sull’uso delle luci e della direzione degli attori. Non è un caso che entrambi questi registi avessero alle spalle una solida carriera teatrale. Cecil B. De Mille, drammaturgo mancato, introdusse nel cinema alcune soluzioni linguistiche, derivate dalla sua esperienza teatrale, che seppe con molta intelligenza integrare alle peculiarità della nuova arte. Il suo film I prevaricatori (1915) influenzò profondamente il modo di utilizzare le luci di scena.
DeMille ricorse a delle lampade ad arco, comunemente in uso in teatro, che gli permettevano di illuminare porzioni di scena lasciandone in ombra altre. La drammaticità di molte scene di questo film è dovuta proprio al sapiente uso di contrasti e agli effetti di chiaroscuro. Da questo momento, tutti i maggiori studi di Hollywood cominciarono ad attrezzarsi con diversi tipi di lampade con i quali ottenere gli effetti più vari.
Nel successivo Carmen (1915), film che riscosse un grande successo negli Stati Uniti, DeMille mostrava di saper dirigere i suoi attori con molta perizia, ma anche di porre gran cura nei costumi e nelle scenografie, abbandonò infatti i decori dipinti in favore di elementi plastici. Grazie a queste sue competenze e assimilata la lezione di Griffith, DeMille seppe sfruttare i primi piani in maniera molto più intensa ed espressiva. I suoi personaggi acquisiscono quel rilievo psicologico ed emotivo che non avevano quelli di Griffith.
Anche Maurice Tourneur era un uomo di teatro passato al cinema. Di origini francesi, stava girando un film oltreoceano al momento dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Impossibilitato a rientrare in Europa, Tourneur decise di rimanere negli Stati Uniti proseguendo la sua carriera di regista. Dopo un esordio in sordina Tourneur ebbe la possibilità di affermare il suo talento dirigendo Mary Pickford in film come The Pride of the Clan o The Poor Little Rich Girl . In entrambi questi film del 1917, egli dava già prova di saper usare l’illuminazione di scena in maniera anche più sofisticata di DeMille, insistendo soprattutto sui toni cupi con le quali sapeva creare atmosfere particolarmente ricche di pathos come nel film poliziesco The Hand of Peril (1916). Nel 1918 realizzò tre film tutti tratti da preesistenti opere teatrali: The Blue Bird, Prunella, A Doll’s House. È in queste opere che Tourneur esprime al meglio la sua poetica, in particolare con The Blue Bird. In questa fiaba che si svolge in un mondo immaginario Tourneur utilizza delle scenografie estremamente stilizzate tratte dal teatro d’avanguardia. La sua minuziosa ricerca formale trasforma ogni scena in un’opera pittorica preannunciando l’esperienza dell’espressionismo tedesco ed influenzando fortemente i registi americani.
Gli anni del Primo Conflitto Mondiale sono anche quelli in cui si afferma la stella di Charlie Chaplin che in questi anni produrrà i suoi migliori cortometraggi. Da un punto di vista linguistico, l’opera di Chaplin ebbe un’influenza senz ‘altro minore rispetto a quella di Griffith, DeMille o Tourneur eppure, a distanza di oltre mezzo secolo, i suoi film continuano ad incontrare il gusto del pubblico in ogni parte del mondo, molto più di quanto non facciamo quelli dei suoi contemporanei. Come abbiamo visto, il personaggio elaborato da Caplin, Charlot, era già nato nei film prodotti da Chaplin con la Essanay, ma è alla Mutual Film che spiccherà il volo. Questa casa di produzione, con la quale Chaplin inizierà a lavorare nel 1916, gli offrirà maggiori mezzi di produzione ed una più ampia libertà di movimento, grazie ai quali potrà maturare il suo stile e la sua poetica. Qui Chaplin produrrà alcuni dei suoi più celebri cortometraggi come Charlot al pantinaggio | ►| , L’emigrante | ►|, La cura miracolosa | ►| o L’evaso | ►|. La strada della paura (1917) è, pur nell’eccezionalità del lieto fine, il film che meglio mette in evidenza le caratteristiche del personaggio di Charlot.
Charlot è un vagabondo, vestito con una bombetta nera, uno smoking sgualcito, bastone e due grandi scarpe calzate al contrario. I suoi abiti, benché malandati, sono quelli di un vero gentleman inglese. Alla fine di ogni disavventura lo vedremo spolverarsi la giacca, riaggiustarsi la bombetta sulla testa ed avviarsi solitario sulla strada verso il tramonto. Egli è il non integrato, l’estraneo, lo straniero alla ricerca dell’accettazione sociale. Egli incarna l’aspirazione alla dignità di ogni essere umano. Si serve dei panni dell’emarginato per scagliare la sua satira contro l’altro lato del sogno americano, le contraddizioni di quel sistema che stava rendendo ricchi molti americani impoverendone altri. Con Chaplin si va oltre lo slapstick: la maschera si fa personaggio, la risata non è più fine a se stessa.
Intanto la guerra volgeva al termine. Il cinema americano aveva ormai raggiunto la sua piena maturità linguistica, mentre l’industria si era andata strutturando in un solido sistema industriale, avvantaggiata anche dal fatto che, durante gli anni della guerra, le produzioni europee avevano subito una battuta d’ arresto. I film prodotti negli Stati Uniti poterono invadere i mercati del Vecchio Continente, dove si imposero grazie alle qualità tecniche e linguistiche ormai acquisite.
Riferimenti bibliografici e sitografia
D.Brodwell e K.Thompson, Cinematografie nazionali, classicismo hollywoodiano e Prima Guerra Mondiale 1913-1919, in Storia del cinema e dei film. Dalle origini al 1945, Editrice Il Castoro, Milano 1998.
Lascia un commento