David Wark Griffith, avvalendosi anche della collaborazione del suo montatore Billy Bitzer, aveva continuato a sperimentare nel campo del montaggio. Nei film di cui abbiamo discusso nel precedente capitolo, abbiamo notato con quale parsimonia utilizzasse i primi piani. Egli continua a filmare tenendo la cinepresa ad una certa distanza dagli attori, prediligendo i piani totali e spingendosi di rado fino alla mezza figura. Nel gangster movie The Musketeers of Pig Alley (1912), Griffith sembra ancora ignorare quella tecnica, che abbiamo già visto utilizzare da George Albert Smith, e che prende il nome di montaggio analitico. | ►| In questa scena noi non capiamo perché il personaggio, irrompendo nella sala, getti a terra con tanta veemenza il bicchiere. Guardiamo ancora la stessa scesa, stavolta prestando attenzione alle mani dell’uomo che sta mostrando la foto alla giovane ragazza | ►|. Ci accorgiamo che questi sta versando qualcosa nel bicchiere: sta tentando di drogare la ragazza! Se Griffith avesse inserito un’inquadratura su questo dettaglio, tutto sarebbe stato più chiaro. Ma già nel successivo The Battle at Elderbush Gulch (1913), vediamo come Griffith stia prendendo confidenza anche con questa tecnica. Il regista passa da un piano totale ad un primo piano sul cagnolino che sbuca dalla cesta, per poi ritornare all’inquadratura di partenza.
In questo western, come nei successivi film di Griffith o dei suoi contemporanei, potremmo trovare numerosi altri esempi del genere. Come Porter aveva intuito e come Griffith stava rendendo evidente, l’unità narrativa principale del linguaggio cinematografico non è la scena, come in teatro, ma l’inquadratura. Azzardando un paragone grammaticale potremmo dire che l’inquadratura sta alla parola, come la scena alla frase e la sequenza al periodo. Nei film di questo periodo possiamo notare come i registi americani comincino a frazionare la scena in sempre più numerose inquadrature, l’uso di inserti e piani ravvicinati che ne mettono in evidenza i dettagli si fa sempre più frequente e conseguentemente i raccordi più precisi ed efficaci. L’ambizioso Griffith attribuirà a sé stesso l’invenzione di molte di queste tecniche, oggi sappiamo che a tali soluzioni erano giunti molti altri prima di lui come nel caso dei registi di Brighton, ma al cineasta americano spetta il merito di averle codificate ed organizzate in un funzionale sistema narrativo retorico.
Nel 1913, Griffith si licenziava dalla Biograph. All’origine del conflitto tra il regista e la sua casa di produzione vi era la ritrosia di questa a mettergli a disposizione capitali più sostanziosi per realizzare grandi film come quelli che si producevano in Italia e che con lo smantellamento della MPPC cominciavano ad essere distribuiti negli Stati Uniti. Inoltre la Biograph non era disposta a concedere all’ambizioso regista il privilegio di utilizzare il suo nome per nella promozione dei film né quello dei suoi attori. Nella rigida struttura industriale in cui la cinematografia americana si andava organizzando, i produttori assumevano sempre maggior potere nei riguardi dei film. Ciò sarà causa dei numerosi contrasti tra registi e produttori che caratterizzeranno tutta la storia del cinema americano. Dopo aver prodotto il suo primo lungometraggio, Giuditta di Betulla (1913) | ►| che verrà però distribuito solo l’anno seguente, Griffith abbandonò la Biograph per tentare la strada dell’indipendenza che lo avrebbe condotto alla produzione del suo primo grande capolavoro.
Terminata, infatti, la sua esperienza alla Biograph, Griffith poté dedicarsi alla produzione di Nascita di una nazione, un colossal sulla guerra di Secessione destinato a segnare una tappa fondamentale nella storia del cinema americano e mondiale. Il film narra le vicende di due famiglie amiche che vengono a trovarsi tra gli opposti schieramenti del conflitto. È significativo che Griffith individui nella Guerra di Secessione e non più in quella di Indipendenza l’episodio fondante della nazione americana.
Come indicato nei titoli di testa la storia è tratta dal romanzo, poi lavoro teatrale, The Clansman del reverendo Thomas F. Dixon, un’opera di scarso valore artistico, ma di cui Griffith, originario di una famiglia del sud rovinata dalla guerra, condivide l’inaccettabile ideologia razziale. Per la produzione del film Griffith riuscì a mobilitare capitali enormi, Nascita di una nazione finì per costare oltre 100.000 dollari, cinque volte di più di qualsiasi altro film finora prodotto in America. Le riprese cominciarono nel mese di luglio per terminare nei primi di settembre, al montaggio Griffith lavorò fino agli ultimi giorni del 1914. Nascita di una nazione uscì nelle sale l’8 febbraio del 1915.
Questo film rappresenta la summa di tutta l’evoluzione linguistica finora compiuta dal linguaggio cinematografico. Griffith dedicò molto più tempo al montaggio che alle riprese del suo film, segno di quanta importanza desse a questa fase di produzione. Infatti in Nascita di una nazione i tagli di montaggio sono molto più frequenti che in qualsiasi altra opera contemporanea ( ed in particolare rispetto ai film italiani ed europei del periodo). La cinepresa di Griffith passa con estrema agilità di scena in scena, di personaggio in personaggio, in una dinamica e ben calibrata alternanza di inquadrature larghe e strette. Al contrario i movimenti di macchina vi occupano un posto minimo, per Griffith non è importante il come muovere la macchina, ma il come spostarla. La cinepresa di Griffith coglie la scena da numerosi punti di vista, sembra essere dappertutto nello stesso momento, questo continuo spostarsi della cinepresa da al film un ritmo straordinariamente fluido.
È pur vero che il film mostra anche numerose pecche a cominciare dalla sceneggiatura stessa avvelenata dalle inaccettabili tesi razziali del reverendo Dixon. Si riscontra inoltre un’eccessiva drammatizzazione sia nella storia che nei personaggi privi di spessore psicologico, Griffith divide troppo nettamente e con estrema superficialità i buoni dai cattivi, il bene dal male, il nero dal bianco.
Ma pur considerando tutti questi difetti Nascita di una nazione resta un capolavoro, l’opera che segna il passaggio dal cinema delle attrazioni al cinema classico. Confrontandolo con Cabiria, uscito meno di un anno prima, potremmo renderci conto della sua estrema modernità. Nel film di Pastrone, infatti, è ancora prevalente la volontà di “mostrare”, di stupire lo spettatore con immagini spettacolari, nel film di Griffith prevale invece la volontà di “raccontare”, di coinvolgere lo spettatore attraverso una narrazione chiara, lineare e ben ritmata. Con Nascita di una nazione finisce un vecchio modo di fare cinema e se ne inaugura una nuova forma.
Probabilmente il peso di questo film nella storia del cinema non sarebbe lo stesso se Nascita di una nazione non avesse ottenuto quell’enorme successo pubblico che ebbe. Le polemiche e le violente reazioni che il film suscitò per il modo negativo in cui rappresentava i neri d’America ed esaltava l’attività del Ku Klux Klan, lungi dal nuocergli, ebbero l’effetto di portare ancora più spettatori nelle sale. Il record d’incassi registrato da Nascita di una nazione verrà battuto solo molti anni più tardi da Via col vento (un altro film sulla guerra civile americana).
Il fiume di denaro che il film riversò nell’industria cinematografica americana la liberarono dai suoi complessi di inferiorità rispetto alle cinematografie europee. Nascita di una nazione dimostrò che l’investimento di importanti capitali poteva essere ben ripagato anche dal solo mercato nazionale. Il colossal di Griffith non fu, infatti, distribuito in Europa se non a guerra finita. Inoltre alla sua produzione lavorarono come aiuto registi numerosi futuri cineasti, basti citare Erich von Stroheim o Raoul Walsh, le cui opere brilleranno negli anni successivi. Grazie a questo film l’industria americana riprese fiducia in se stessa e nuovi e più importanti capitali cominciarono ad essere investiti nella produzione.
Griffith era intanto entrato nella direzione di nuova casa di produzione la Triangle Film Corporation. Fondata l’ 11 luglio 1915, questa casa di produzione era divisa in tre settori distinti ed indipendenti: la Tringle Fine Arts, che si occupava particolarmente di colossal e la cui direzione fu assunta da Griffith, la Triangle Kay-Bee, diretta da Thomas Harper Ince, per la produzione di film di genere drammatico e western, e la Triangle-Keystone totalmente dedicata alla produzione di film comici e diretta da Mack Sennett. La pur breve attività della Triangle, e particolarmente quella tra il 1915 e 1918, giocò un ruolo essenziale nell’affermazione a livello mondiale della cinematografia americana. Ince, Griffith, Sennett, concorsero in maniera determinante alla crescita e alla formazione di numerosi registi e attori che si sarebbero fatti protagonisti negli anni Venti.
Con la Triangle, Griffith diresse un solo film: il suo secondo e successivo capolavoro Intolerance. A spingere Griffith a dedicare un film al tema dell’intolleranza erano state le violente polemiche scatenante da Nascita di una nazione. Per affrontare questo soggetto astratto, Griffith mette a confronto, attraverso il montaggio parallelo, quattro diverse storie lontane nel tempo e nello spazio : la caduta di Babilonia, la passione di Cristo, la strage degli ugonotti nella notte di san Bartolomeo e una storia moderna ambientata di una città americana.
Per passare da una storia all’altra Griffith interpone l’immagine allegorica di una donna, Lillian Gish, che dondola una culla. Ma nelle sequenze finali, probabilmente la parte migliore del film, Griffith abbandona quest’inserto per passare direttamente da un episodio all’altro in un climax crescente di suspense e tensione. Per l’episodio babilonese, ispirato ai colossal italiani, Griffith fece erigere, lungo il Sunset Boulevard, un enorme complesso scenografico rappresentate la città di Babilonia. Imitando Pastrone, Griffith ricorre, soprattutto in questo episodio, all’uso di gru e carrelli, e perfino a palloni aerostatici per effettuare le riprese aeree, ma nel suo cinema i movimenti di macchina non acquisiscono una vera valenza espressiva, Griffith se ne serve soprattutto per sfoggiare le sue mastodontiche e costosissime scenografie.
Per realizzare questa titanica e ambiziosissima produzione furono, infatti, necessari capitali enormi, Griffith vi investì tutto quel che aveva guadagnato con Nascita di una nazione. Per questa ragione e perché reduce dal grandioso successo del suo film precedente, Griffith concentrò su di sé l’attenzione della stampa e dei media fin dalle prime fasi di lavorazione del film. Per la prima volta, a balzare agli onori della cronaca non era una star o un marchio di produzione, ma un regista.
I lavori di produzione si protrassero per lungo tempo, ma Intolerance poté finalmente uscire nelle sale nel settembre del 1916. Si rivelò un clamoroso fiasco commerciale, tanto che Griffith fu costretto a rimontarlo diverse volte e successivamente a distribuirne alcuni episodi separatamente per ammortizzarne le perdite. In seguito a questo insuccesso dovette per alcuni anni rinunciare alla sua indipendenza e tornare a girare per altre produzioni.
Intolerance è senza dubbio un’opera malata di gigantismo ed autocompiacimento, ma che resta pur sempre, almeno nella sua concezione originaria, estremamente innovativa : in questo film il montaggio non serve più soltanto a raccontare, ma ambisce a stimolare la riflessione nello spettatore ed a persuaderlo moralmente. I primi a rendersi conto della portata rivoluzionaria di questo film furono i registi sovietici, ed in particolare Sergej Ėjzenštejn, che come vedremo, lavoreranno per realizzare un cinema utile ad istruire e formare lo spettatore.
Anche Thomas Harper Ince, diresse con la Triangle un solo film, Civilization, si tratta di un’allegoria pacifista con la quale Ince intendeva rispondere ad Intolerance. Il tema della pace e della fratellanza tra gli uomini era particolarmente sentito in quegli anni negli Stati Uniti che intendevano restar fuori dal conflitto che stava insanguinando l’Europa. Ma anche quest’opera, troppo pretenziosa, si rivelò un insuccesso.
Se Griffith segnò lo sviluppo del linguaggio cinematografico soprattutto attraverso l’uso del montaggio, altri registi come Cecil B. DeMille o Maurice Tourneur ebbero una forte influenza sui loro contemporanei per quel che riguarda altri aspetti della messa in scena come vedremo nel capitolo seguente.
Riferimenti bibliografici e sitografia
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